Chi irride Schlein oggi è come chi sminuiva Meloni ieri.
di Gianfranco Rotondi (Huffpost) –
Non è stata una telefonata di cortesia quella che Giorgia Meloni ha fatto a Elly Schlein dopo l’elezione di quest’ultima a segretario del Pd. Si è trattato di un gesto politico, forte. Giorgia non è incline ai convenevoli e neppure alla melassa della retorica di palazzo; se dunque ha chiamato Elly, è perché ha riconosciuto l’importanza di ciò che è avvenuto nel campo dell’opposizione. E vi si è rapportata, come avviene nelle grandi democrazie.
Io non aderisco alla scuola di pensiero per cui l’elezione di una radicale di sinistra consegni a Meloni un ennesimo, imprevisto assist. E la telefonata di Giorgia mi induce a pensare che pure lei la veda così. Chi irride Schlein è come chi sosteneva che mai Meloni avrebbe guidato il centrodestra e men che meno il governo. È andata in un altro modo, e io posso dire la frase più antipatica del mondo: l’avevo detto.
E ne dico un’altra, forse altrettanto antipatica: Schlein è meglio dei parrucconi che borbottano a bordo campo del Pd. È chiara, la ragazza, schietta nelle linee e nei programmi: vuol dare all’Italia una sinistra dei diritti civili, delle battaglie identitarie, e non è vero che ridurrà a questo il Pd, secondo l’ideologia della Ztl. Ci sarà spazio per battaglie identitarie sui temi sociali, dal reddito di cittadinanza a una certa idea di immigrazione, in una contrapposizione netta e -speriamo- civile col centrodestra.
E non è detto che debba per forza perdere una sinistra fatta in forma di sinistra. Dipende da come va il governo, da ciò che facciamo noi. La vittoria di Schlein interroga anche noi di centrodestra nelle nostre cento sfumature di grigio. È senz’altro vero che una sinistra radicale perde il contatto col mondo cattolico, coi ceti produttivi, con il centro diffuso, per intenderci, che non è un partito ma un’Italia silenziosa e mobilitante, sin dai tempi della Dc.
Questo corpaccione può virare verso opzioni centriste, modello Terzo Polo, o incrociare i destini di Giorgia Meloni, in una rinnovata opzione bipolare. Quale sia la mia scelta, è noto: non credo al Terzo polo, occupato da protagonisti intelligenti ma largamente auto-referenziali, e allergici alla cultura popolare; penso che i cattolici debbano ritrovarsi in una rinnovata forma identitaria, con riferimento esplicito e orgoglioso alla grande storia democristiana.
Ma la vera scommessa è Giorgia Meloni, la riuscita del suo governo, il rilancio dell’Italia anche nella progettazione politica dell’Europa che verrà: una intesa tra popolari e conservatori sposterà l’asse politico dell’Europa e, dentro tale prospettiva, accrescerà smisuratamente il peso dell’Italia.
Naturalmente ciò richiede scelte anche politiche, e alcune toccheranno proprio a Giorgia Meloni: organizzare una destra che dialoghi e includa un’area di centro, e persino di centrosinistra, non è mestiere meno impegnativo di governare il Paese. Pinuccio Tatarella ne avrebbe già fatto il titolo di uno dei suoi fulminanti editoriali.
È comunque questo il tema al quale dobbiamo appassionarci, perché ci restituisce la possibilità -dopo trent’anni di transizione- di un sistema politico equilibrato ed efficiente.