L'Opinione

La memoria di don Dossetti nelle parole di Mattarella.

di  Gianfranco Rotondi (Huffpost) –

Il Presidente Mattarella,  parlando al meeting di Rimini  , ha citato testualmente l’ultimo discorso pubblico di Giuseppe Dossetti: “Nei momenti di confusione il solo riferimento è la lettura della Costituzione”. Questa citazione smuove ricordi personali che vorrei qui condividere, per approfondire il messaggio presidenziale di Rimini. Peccato che siano in pochi a conoscere vita e opere di don Giuseppe Dossetti, deputato dc alla Costituente, bastian contrario di De Gasperi, leader della sinistra dc che produrrà Moro, Fanfani, De Mita, Forlani e tutta la terza generazione dc. Integralista non tanto in senso religioso, quanto politico (strano democristiano non incline alle mediazioni), l’onorevole Dossetti capì che la partita del dopoguerra sarebbe stata vinta dai ‘liberali’ degasperiani, e non dai professorini che invocavano ‘tutto il potere alla Dc’, per realizzare ‘la integrale rivoluzione cristiana’. 

Dossetti capì di aver perso, e si dimise dal parlamento e dalla Dc, scegliendo la via del sacerdozio, che praticò, inimitabile altezza spirituale, fino alla fondazione della meravigliosa comunità di Monteveglio, dove si spense nel 1996.  Le mie idee sono molto lontane da quelle di don Dossetti, pur se sono cresciuto alla scuola di uno dei suoi più stretti collaboratori, l’onorevole Fiorentino Sullo (che pure,successivamente, ripudió l’integralismo dossettiano, esortando noi ragazzi a rivalutare De Gasperi). Dopo la scelta religiosa, don Dossetti non intervenne mai più in qualsivoglia questione politica. I suoi allievi sono divenuti la classe dirigente della Democrazia Cristiana, ma neppure nei momenti più critici provarono a coinvolgere il loro antico leader. Il lungo silenzio di Dossetti è una delle pagine più affascinanti della storia della repubblica. 

Non mi parve vero, da neo-eletto deputato, nel 1995 quando la batteria del Viminale mi passó don Dossetti. Gerardo Bianco mi aveva fatto presentare una proposta di legge per la istituzione di una Assemblea Costituente, e la notizia era giunta sino a Monteveglio, dove don Dossetti si era ritirato da decenni. Don Dossetti parlava con un filo di voce, e chiedeva cosa significasse quella iniziativa. Non ebbi il coraggio di dire che si trattava di una iniziativa ‘monstre’ con scarsa probabilità di successo. Il reverendo mi disse che il metodo era giusto, perché la Costituzione era stata scritta da una assemblea votata dal popolo, e poteva essere modificata solo con uno strumento analogo. Chiesi a don Dossetti il permesso di passare alle agenzie di stampa quel suo pensiero, e sorprendentemente lui me lo accordó.

Si scatenò il putiferio: la Dc si era già trasformata in Partito Popolare, e la sua dirigenza era tutta della sinistra interna, di formazione dossettiana, e faceva della intoccabilità della Costituzione l’argine al berlusconismo e ai nuovi protagonisti della Seconda repubblica. Figuriamoci cosa avvenne quando gli Andreatta e gli Elia lessero che don Dossetti interrompeva un silenzio trentennale per dare via libera nientemeno che a una assemblea costituente. Da piazza del Gesù chiesero a don Dossetti una caritatevole precisazione, ma il monaco non rispose a telefono. A quel punto Leopoldo Elia, nume tutelare della intangibilità della Costituzione, parti per Monteveglio, ove si sottopose alla prassi del luogo: santa messa all’alba, ritiro, preghiere e poi un colloquio con don Giuseppe. Il vecchio Leopoldo, che non era un giurista freddo ma un politico di inimmaginabile passione, spiegó a Dossetti che l’assemblea Costituente sarebbe divenuta un’arma per scardinare la Costituzione. Non so quanto don Dossetti ne fosse convinto, ma alla fine accettó la richiesta di Elia: avrebbe parlato in pubblico, precisando la sua posizione, a viva voce. Lo fece poco lontano, a Parma, nell’Università, ove tenne il primo e unico discorso a trent’anni dall’addio alla politica. La tv trasmise un passaggio del discorso, e Bruno Vespa si commosse in diretta mentre raccontava ‘l’emozione di ascoltare una voce che non parlava da trent’anni’.

 Don Dossetti morì poco dopo, nel 1996, e andammo tutti a inginocchiarci di fronte alla salma di quello che il Cardinale Biffi definì nell’omelia ‘l’incantatore della nostra giovinezza’. Oggi Dossetti dice poco alle giovani generazioni, ma è significativo che Mattarella oggi lo citi. La linea di intransigenza costituzionale fu la stella polare della sinistra democristiana, che la trasferirì al Partito democratico. Leopoldo Elia non c’è più, Mattarella però ne è l’erede, e da Rimini ha voluto ricordare che per una parte della classe dirigente di questo Paese la intoccabilità della Costituzione è un valore non negoziabile.